Propter Nos Homines

corsisti 23/07/2007 0

12 Luglio 2007

 

Il gesto estremo del nostro collega Corso Bovio ha colpito profondamente tutto il Foro milanese e italiano.

Lo abbiamo ricordato nel nostro direttivo di martedì sera, in cui si decideva il programma del nuovo anno sociale, anche noi provocati ad interrogarci sul senso di quello che facciamo.

Il punto è proprio questo: qual è il suggerimento, la riflessione che si impone quando un collega, stimato sul piano umano e professionale, rinuncia a vivere?

Che l’uomo, ogni uomo, innanzitutto ha bisogno di conoscere il senso del suo agire, delle fatiche e delle gioie di ciò che costruisce, del proprio lavoro e dei propri affetti, ossia del significato della propria vita.

Può non bastare – e ciò ha lasciato tutti noi attoniti – essere un bravo avvocato, avere una brillante carriera, riconosciuta tale da tutti, avere grandi soddisfazioni professionali, essere stato maestro di decine di allievi: il cuore dell’uomo è esigenza di felicità, di verità e di giustizia, è esigenza di infinito.

Abbiamo apprezzato la testimonianza del suo allievo, Ivano Chiesa, che ha ricordato il valore di aver avuto un “maestro”, nella professione e nella vita, che ha testimoniato la decisività di una passione per il proprio mestiere, di una lealtà nel rapporto con i colleghi e con i magistrati e di una serietà nell’affronto della difesa del proprio assistito: aspetti non più scontati nella nostra categoria; lo ringraziamo soprattutto per quel tratto di umanità con cui ha concluso il suo ricordo: “non resta che la pietà cristiana e il rispetto per la libertà del suo gesto”.

La vita è Mistero, l’uomo drammaticamente lo percepisce: arrendersi a questa coscienza e scoprire la presenza del Mistero nella realtà quotidiana è ciò che rende affascinante il vivere, che dà gusto alle cose che facciamo; questo fatto, così tragico, ci sfida a questo livello: a cercare il senso della vita per amare ciò che siamo chiamati ad essere e a fare.

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