Esiste il diritto a non nascere?
29 Settembre 2004 |
La Corte di Cassazione con una recentissima sentenza (Cass. – Sezione Terza Civile – sentenza 6 maggio – 29 luglio 2004, n. 14488, pubblicata su Diritto e Giustizia, n. 33 del 18.9.2004) interviene con una decisione che dovrebbe far riflettere in merito alla proposta di refendum avanzata per l’abrogazione della legge 40/04 in materia di fecondazione assistita, ed in generale sul dibattito su tale materia.
La Suprema Corte è stata chiamata a decidere un ricorso avanzato da una coppia di genitori che, agendo nei confronti del medico per omessa informazione sulle possibili malformazioni del nascituro, con un motivo di ricorso, hanno invocato il risarcimento del danno da lesione del diritto a “non nascere” asserendo che nel nostro ordinamento (per il disposto dell’art. 2 e dell’art. 32 della Costituzione) esisterebbe il diritto a nascere sano o non nascere affatto.
I giudici di legittimità, nel respingere tale argomentazione, hanno efficacemente affermato che i principi che informano il nostro ordinamento giuridico escludono in maniera assoluta tale possibilità.
Nel premettere che “è vero che il nostro ordinamento tutela l’embrione sin dal concepimento e che può parlarsi di un “diritto a nascere sani”, ma detta locuzione va intesa nella sua portata positiva e non negativa”, la Corte ha infatti osservato che “il nostro ordinamento positivo tutela il concepito e quindi l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita e non verso la non nascita, per cui se di diritto vuol parlarsi, deve parlarsi di diritto a nascere. Lo conferma tutta una serie di norme……Attraverso tali norme non viene ovviamente attribuito al concepito la capacità giuridica, ma dalle stesse si evince chiaramente che il legislatore ha inteso tutelare l’individuo sin dal suo concepimento, garantendo se non un vero e proprio diritto alla nascita (cfr. il testo della decisione in relazione alla legge 194/78) che sia fatto il possibile per favorire la nascita”.
La Cassazione osserva altresì che “sostenere che il concepito abbia un diritto a non nascere, sia pure in determinate situazioni di malformazione, significa affermare l’esistenza di un principio di eugenesi o di eutanasia prenatale, che è in contrasto con i principi di solidarietà di cui all’articolo 2 Costituzione, nonché con i principi di indisponibilità del proprio corpo di cui all’articolo 5 C.c. Va poi osservato che se esistesse detto diritto a non nascere, se non sano, se ne dovrebbe ritenere l’esistenza, indipendentemente dal pericolo per la salute della madre, derivante dalle malformazioni fetali, e si porrebbe l’ulteriore problema, in assenza di normativa in tal senso, di quale sarebbe il livello di handicap per legittimare l’esercizio di quel diritto, e, poi, di chi dovrebbe ritenere che detto livello è legittimante della non nascita”.
Sono parole chiare e semplici quelle autorevolmente dettate dalla cd. Suprema Corte, chiunque, con sincerità, voglia abrogare o sostenere la nuova legge su tale materia ha l’obbligo morale e giuridico di rispondervi.
E da tale risposta saremo così in grado di comprendere a quale tipo di Uomo e di società ognuno di noi è chiamato a far parte, sperando non sia quella evocata da Jacques Testart – “papà” della prima nascita in provetta francese – che, in un recente libro pubblicato da Lindau – “La vita in vendita. Biologia, medicina, bioetica e potere del mercato” – interrogandosi sui limiti ed i fini a cui può portare l’attuale sviluppo del sapere scientifico, ha paventato il serio pericolo che la pratica della selezione degli embrioni, ora utilizzata per giustificare il cd. aborto “terapeutico” in caso di patologie gravi, determinerà inevitabilmente in un futuro oramai prossimo la soddisfazione del desiderio-diritto di chi voglia “generare” il figlio “perfetto”.