Testo dell’intervento del Presidente della LAF al 28° Congresso Nazionale Forense

corsisti 10/11/2005 0

10 Novembre 2005

 

PROFESSIONE AVVOCATO
SPUNTI DI RIFLESSIONE SU ACCESSO E PROSPETTIVE

  1. La situazione: l’apertura indiscriminata e demagogica dell’accesso alla professione a cui si è assistito in questi ultimi dieci anni (per responsabilità sia del Legislatore, sia dei Consigli dell’ordine e della classe forense in generale) ha determinato il sovraffollamento e l’ipersaturazione della nostra categoria con alcuni effetti devastanti:
    • una diffusa dequalificazione e, di fatto, una sorta di annacquamento professionale (poca preparazione, poco aggiornamento e poca serietà deontologica): ciò rappresenta senz’altro un colpo al bene comune, perché così viene notevolmente affievolito il diritto della gente all’effettività della difesa e ad un’assistenza legale all’altezza dei delicati interessi personali e collettivi che sono “in ballo”;
    • si assiste ad una sempre più marcata distanza tra titolari/soci di studi legali (più o meno attestati sul mercato) e collaboratori (tra l’altro, sempre meno giovani) in genere senza prospettive precise e quindi ridotti ad un ruolo quasi impiegatizio, se non operaio (nasce la nuova classe operaia forense?); è quasi scomparsa la figura del maestro e dell’allievo, la classica “scuola di vita professionale”, che tanto ha qualificato in passato la nostra categoria formando un’intera classe forense;
    • si assiste ad una sempre maggiore ed evidente incapacità dei Consigli dell’ordine di disciplinare e tutelare l’esercizio della professione e – in uno scenario prospettico – la possibile formazione di club/associazioni di avvocati che, di fronte allo sfascio generalizzato, autorivendichino serietà, competenza e trasparenza professionali (una sorta di marchio di qualità professionale da spendere pubblicamente), una situazione prodromica ad una accentuata e non convincente concezione elitaria dell’avvocatura;
    • si assiste, infine, ad un “blocco” nell’accesso dei neolaureati (anche meritevoli e motivati) che si trovano la strada ingolfata da decine di migliaia di giovani avvocati (spesso non altrettanto meritevoli e capaci).
  2. Risposte/Rimedi: i possibili rimedi vanno ricercati su due livelli.
    1. Una prima risposta alla situazione attuale dell’avvocatura è sintetizzata dalla parola EDUCAZIONE: ciò implica una rinnovata presa di coscienza da parte di chi ha ottenuto una stabilità professionale innanzi tutto verso i giovani e i collaboratori, ma anche verso i colleghi (coscienza cioè del ruolo della professione rispetto al bene della comunità e, quindi, anche come esigenza sentita di imparare e di aggiornarsi con sacrificio, per essere all’altezza del delicato compito). Si tratta in primo luogo di una rinnovata sensibilizzazione verso una responsabilità personale, che mobiliti l’io di ciascuno (la professione si è sfasciata perché l’io degli avvocati è sfasciato: ha prevalso la logica di assolutizzazione dell’interesse particolare, rispetto al perseguimento del bene comune).
    2. Rispetto all’accesso alla professione, vi sono due orientamenti:
      • il primo, che tende ora a formarsi, propone la liberalizzazione totale della professione di avvocato (sul punto ci sono tra l’altro implicazioni di adeguamento alla normativa comunitaria); si sostiene che, come accade per tutte le professioni, sarà il mercato a fare la selezione. In realtà, attualmente la situazione è molto simile a quella di un libero mercato e si rileva che la “selezione” (che non avviene certo in base a criteri meritocratici) avviene, viceversa, sulla pelle dei  cittadini che rischiano, senza avere la possibilità di rendersene conto (se non a posteriori),  di imbattersi in avvocati incompetenti e poco seri. Normalmente, inoltre, le persone più esposte a questo rischio sono quelle senza particolari mezzi, alle quali quindi è spesso preclusa la possibilità di farsi assistere da un avvocato serio e competente;
      • il secondo orientamento – quello classico e quasi unanimemente condiviso – ribadisce (purtroppo sempre solo in linea di principio) che l’accesso deve essere ben presidiato attraverso adeguati strumenti selettivi e deve essere garantita la formazione degli avvocati e il controllo della professione da parte dei Consigli dell’ordine. La L.A.F. ritiene questa strada l’unica veramente adeguata alle caratteristiche della professione di avvocato a tutela della collettività: si tratta di una professione che si occupa dei diritti e degli interessi primari della persona (a volte molto delicati), che per il suo carattere di parte processuale riveste una funzione di pubblica utilità, che presuppone un rapporto fiduciario garantito dal segreto professionale, che per la complessità tecnica delle materie trattate non permette al cittadino di valutare autonomamente l’efficacia e il valore della prestazione, ecc.. Le proposte della LAF (selezione all’inizio del cammino formativo, scuola forense obbligatoria almeno per un anno ed esame “soft” al termine della pratica) partono, pertanto, dal presupposto che sia più che mai attuale l’esigenza di “protezione” della professione di avvocato. In particolare, appare indispensabile (attesi i numeri dei laureati in giurisprudenza) che la selezione iniziale sia operata attraverso test oggettivi di tipo informatico (al fine di garantire l’omogeneità dei risultati e, in caso di non superamento di un certo numero di prove, la possibilità ancora attuale di inserirsi in altro ambiente lavorativo). Il percorso formativo potrebbe essere garantito attraverso la frequenza obbligatoria e certificata presso le scuole forensi ovvero presso corsi a sostegno delle scuole forensi organizzati da associazioni ed enti accreditati, compatibili con lo svolgimento della pratica presso uno studio. L’esame finale (da effettuarsi nell’ambito dell’ordine di appartenenza) si limiterebbe ad una presa d’atto del percorso formativo.

    CONCLUSIONI

    L’attuale sistema di accesso e di controllo da parte degli organi preposti (Consigli dell’ordine e Consiglio Nazionale Forense) è assolutamente inadeguato alle attuali esigenze di selezione e controllo della professione e necessita di una riforma radicale.

    Se la situazione permane nello stato attuale si ritiene più coerente (e, forse, più stimolante una iniziativa privata della libere associazioni) la strada della liberalizzazione ufficiale, piuttosto che l’attuale ibrida situazione di liberalizzazione “di fatto”.

    Viceversa, se ci fosse una seria volontà di riforma, riteniamo minimale procedere nel senso detto, almeno come argine iniziale (i cui positivi effetti si vedranno negli anni futuri), quello di una selezione seria e meritocratica, il più possibile all’inizio delle scelte lavorative dei neolaureati, secondo i tre suggerimenti che abbiamo indicato nel nostro intervento.

    Milano, novembre 2005

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