Tutti i vantaggi di lavorare in smart working anche dopo il virus
Vi proponiamo un articolo apparso sul “Sole 24 ore” in data 20 aprile 2020
Tra le tante novità introdotte dalla pandemia c’è anche lo smart working. Il coronavirus ha impresso un’accelerazione enorme a questa forma di lavoro, evidentemente dettata dalla necessità di uscire il meno possibile da casa e di mantenere un “distanziamento sociale” nei luoghi di lavoro di almeno un metro, e possibilmente anche due.
I provvedimenti
In questo contesto sono intervenuti numerosi provvedimenti normativi tra cui il Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio e il Dpcm del 25 febbraio 2020 con cui, in estrema sintesi, è stata prevista l’applicabilità della modalità di “lavoro agile” in tutte le aziende presenti nelle cosiddette “zone rosse”, anche in assenza di accordi individuali e prevedendo che gli obblighi di informativa potessero essere assolti anche in via telematica; il Dpcm del 1° marzo 2020, che ha esteso su tutto il territorio nazionale e per la durata dello stato di emergenza la possibilità per le imprese di ricorrere allo strumento del “lavoro agile”, anche in assenza degli accordi individuali richiesti dalla Legge 81/2017. Queste “raccomandazioni” del “lavoro agile” sono state poi confermate anche dagli ulteriori DPCM del 4, 8, 11 e 22 marzo.
Anche il Protocollo sottoscritto il 14 marzo dalle Parti Sindacali “su invito del Presidente del Consiglio” ha esplicitamente suggerito l’adozione generalizzata, ove possibile, del “lavoro agile”.
Un risultato imponente
Al momento non sono ancora disponibili i dati definitivi, ma recenti ricerche hanno rilevato che in più della metà delle imprese italiane si è fatto ricorso, almeno in parte, allo smart working, ed è quindi aumentato esponenzialmente l’utilizzo di questa forma di lavoro rispetto a quanto avveniva fino al 2019. Credo per almeno due ragioni che questo trend non si ridurrà nei prossimi mesi:
1) La prima è che la cosiddetta “fase 2” sarà ancora lunga, la ripresa graduale, e che occorrerà “convivere” con il virus ancora per molto tempo, fintanto che non sarà trovato e utilizzato su larga scala un vaccino efficace. In questa situazione, quindi, le forme di distanziamento sociale e di “lavoro agile” saranno indispensabili, almeno in parte: si pensi alle tante aziende ove vi sono uffici o reparti di tre o quattro persone, che lavorano quotidianamente ed inevitabilmente a stretto contatto. In queste e in molte altre realtà potrebbe funzionare uno smart working “a giorni alterni” per decongestionare i luoghi di lavoro e mantenere effettive misure di sicurezza e di distanziamento sociale.
2) La seconda ragione è che i lavoratori, ma anche gli imprenditori, mossi in prima battuta dalla necessità e dall’emergenza, ora “ci hanno preso gusto” e faticherebbero a tornare al passato come se niente fosse accaduto, lavorando abitualmente in azienda: lo dimostra una recentissima indagine di Nomisma che ha rilevato che il 56% dei lavoratori continuerebbe volentieri a lavorare in smart working; ma credo che anche molti imprenditori hanno compreso nell’esperienza di questi mesi che si può trarre vantaggio da questa modalità di lavoro.
Superare la “filosofia dei cartellini”
Lo smart working sta creando un good mood di lavoro e le aziende stesse migliorano il clima, la motivazione e la produttività, come dimostrano per esempio le recenti sperimentazioni di welfare aziendale, ma non solo. Lo smart working sta sviluppando una cultura aziendale più focalizzata sui risultati che non sui tempi di lavoro, sulla “filosofia dei cartellini”, appunto; e in effetti, perché funzioni, occorre che il lavoratore sia responsabilizzato a svolgere la sua attività “da remoto”, con flessibilità di tempi e modi, purché si arrivi ad un risultato: e questo è proprio ciò che è effettivamente accaduto in molti casi in queste settimane di emergenza.
Anche l’imprenditore “guadagna” perché si riducono gli spazi e le postazioni di lavoro, con conseguente riduzione dei costi di affitto, di pulizia, di custodia, riscaldamento, manutenzione e gestione dei locali e delle attrezzature aziendali. Traducendosi in una maggiore efficienza.
Gli altri vantaggi
Lo smart working, almeno parziale, per esempio di 1 o 2 giorni alla settimana, avrebbe anche un effetto virtuoso sul traffico delle grandi aree metropolitane, riducendo drasticamente – per esempio – il problema dei parcheggi, della viabilità e dell’inquinamento ambientale e acustico; concilierebbe più facilmente la genitorialità, favorendo una possibilità di alternanza fra la vita familiare e quella lavorativa, consentendo altresì di potersi meglio prendere cura dei figli e dei genitori anziani, ormai sempre più numerosi e che costituiscono una evidente emergenza sociale, ben visibile proprio in queste settimane.
Poi ci sono i benefici sul piano urbanistico e dell’ordine pubblico. Mi riferisco al fatto che ove fosse largamente diffuso il “lavoro agile” – almeno in parte – e i lavoratori potessero lavorare anche solo 1 o 2 giorni alla settimana nella loro abitazione, con attrezzature facilmente installabili, molte famiglie ripopolerebbero le bellissime città, anche d’arte, poste nell’arco di 50/60 km dalle aree metropolitane, che potrebbero assicurare un’altissima qualità della vita e che hanno costi degli alloggi in locazione e in acquisto molto inferiori a quelli delle grandi città. Da lombardo posso affermare, sulla scia di indagini condotte da studiosi sul punto, che bellissime città piene di storia, d’arte e di natura come Varese, Pavia, Lodi, Bergamo, Vigevano, Como e tante altre, si ripopolerebbero diventando il “baricentro di vita” di molti pendolari.
Si potrebbe ridare vita a queste città e “andare a Milano” per esempio, tre volte alla settimana anziché tutti i giorni, evitando una vita quotidiana da pendolari estremamente gravosa, riducendo traffico e inquinamento ed evitando di stare per ore, spesso improduttive, in macchina tutti i giorni o in mezzi pubblici spesso sovraffollati, costosi, e non sempre in perfetto orario. Segnalo anche che una riduzione del pendolarismo nelle grandi città metropolitane anche solo del 30% comporterebbe un beneficio proporzionalmente maggiore sia in termini di traffico, sia in termini di tempi di percorrenza del tragitto casa-lavoro.
L’impatto sull’ordine pubblico
Se tornano a coincidere i luoghi di lavoro e i luoghi “di vita” familiare e sociale, anche il controllo del territorio è più agevolato, perché per esempio ciascun genitore/lavoratore riesce più facilmente a stare con i propri figli, a vedere le compagnie che frequentano, a “abitare” e “vivere” lo stesso territorio, evitando “città-dormitorio” spopolate di giorno e “zone industriali e di uffici” spopolate di sera e nei fine settimana: tutto ciò si traduce in una maggiore sicurezza e miglior “presidio del territorio”, esattamente come era nel Medioevo e nel Rinascimento, dove le vie erano “case e botteghe” di coloro che esercitavano le arti e i mestieri e che hanno fatto la storia e la bellezza dell’Italia. Le vie e le piazze assumevano persino il nome dei lavori tipici e dei “distretti produttivi” che vi venivano praticati.
Smart working alternato
Naturalmente il lavoro, a qualunque livello, è anche socialità, rapporto interpersonale, sudore, sguardi e relazioni personali. E tutti questi sono beni insostituibili. D’altra parte, il lavoro “da remoto” “funziona” molto di più laddove è alternato a momenti di presenza nei luoghi di lavoro, di riunioni, di verifiche, di convivenza. Proprio l’esperienza di queste settimane ha dimostrato che lo smart working solo o quasi esclusivamente attuato da remoto, dopo un certo tempo, diventa alienante e non è comunque produttivo come se invece fosse alternato ad una presenza in azienda.
Per questo, secondo la mia esperienza professionale, in molte realtà aziendali il “lavoro agile” funzionerebbe ove prevedesse un’alternanza tra lavoro da remoto e in situ in una proporzione di un terzo verso due terzi, ovviamente a seconda delle singole realtà aziendali e dei singoli sistemi produttivi, come del resto prevede la legge.
Avv. Cesare Pozzoli
Il Sole 24 Ore
Immagine Maria Limongelli per il Sole 24 Ore